Alla riunione del 22 aprile 2010, Mariagrazia Pellerino ha presentato questo documento di riflessione sull’andamento del confronto elettorale e sulle prospettive del PD stesso.
Lo pubblichiamo per renderlo di facile accessibilità per tutti i nostri iscritti e simpatizzanti e perché possiate commentarlo liberamente.

ELEZIONI REGIONALI 2010

RIFLESSIONI E PROPOSTE SU QUESTA POLITICA

Sono una cinquantenne piuttosto contenta della vita, a volte un po’ complessa, ma densa, che mi sono composta. Faccio l’avvocata penalista, lavoro che mi piace, e mi diverto come posso.

L’impegno politico è per me una passione a cui difficilmente rinuncerò ma questa scoppola elettorale mi ha molto coinvolta e vorrei capire perché partendo dal mio ruolo di amministratrice pubblica.

So che per alcuni conterà poco la mia esperienza ma è proprio da questa supponenza verso il lavoro quotidiano che è già politica che la sinistra continua a perdere pezzi. Io non ho pacchetti di voti ma credo che il mio impegno civile mi consenta di parlare.

Sono stata nominata presidente di un ente regionale ( Edisu) che muove oltre 60 milioni di euro l’anno; la mia nomina è stata fatta dal consiglio regionale e supportata dal partito democratico allora D.S..

In questi quattro anni nessun esponente del partito mi ha mai chiesto cosa stavo facendo, richiesta che avrei reputato legittima, e che anzi mi sarebbe piaciuta, visto che il mio mandato arrivava da un partito, e che ritengo vitale la relazione organica tra amministratori pubblici e il partito .

Certo la transizione verso il partito democratico, la discussione se il partito dovesse essere leggero o pesante, il tentativo di mettere insieme le diverse, e non solo due, parti, che lo hanno composto è stato laborioso.

Ma io da tempo dicevo agli amici dirigenti  che ogni tanto incontravo che era necessario chiamare al partito gli amministratori pubblici per farsi raccontare cosa stavano facendo, e da lì, nel confronto con gli iscritti e con chi era interessato ai diversi temi, far nascere dei contenuti, delle visioni politiche, provare a disegnare una visione complessa e complessiva. Ma questo non è successo; anzi ho saputo per caso, nessuno mi aveva informata, che si era costituito, all’interno del PD, un forum sull’università. Siccome era in discussione il decreto Legge Gelmini ed ero molto preoccupata del futuro del diritto allo studio universitario ho cercato io il responsabile del forum chiedendo di essere invitata a parlare, come amministratrice, di quel tema. Ma mi sono resa conto che la sola cosa che importava era la battaglia dei precari.

Si impone una riflessione: certo la tutela del lavoro dei ricercatori precari è importante ma quella del diritto allo studio, riguardando il futuro di un paese con la più bassa formazione scolastica superiore tra i paesi Ocse, non è da poco. Ed è trasversale.

Questo mi fa venire in mente che quando a 27 anni ero assessora al Comune di Nichelino, pur essendo stata eletta come indipendente nelle liste del PCI, ogni 10 giorni andavamo, io e la delegazione di Giunta, al partito a raccontare quello che stavamo facendo in Giunta.

Non buttiamo via il bambino con l’acqua sporca.

Guardate che quel sistema consentiva a chi lavorava in sezione di sapere quello che gli amministratori facevano e di informare i cittadini.

Non solo, questo mi ha anche consentito di discutere nel partito scelte amministrative dei colleghi assessori che non condividevo o le limitazioni di risorse al mio assessorato ( da queste discussioni mi/ci è stato consentito come assessora alla cultura di avere i fondi per la prima biblioteca comunale di Nichelino o di escludere un certo piano immobiliare non opportuno).

Il partito

Il partito è uno strumento di organizzazione del consenso e di mediazione tra gli amministratori che ha espresso e la cittadinanza: quelli che lavorano nelle sezioni hanno famiglia, parenti, amici e conoscenti e ciascuno/a di loro è un formidabile virus informativo e di discussione.

In queste elezioni si è parlato di campagna elettorale virale per indicare strumenti di comunicazione verso i cittadini veicolati dai nuovi media. Ma i virus devono circolare con continuità e avere come destino dei corpi e degli individui per formare anticorpi e consenso.

Il pomeriggio di lunedì 29 marzo mi è venuta voglia di aspettare il risultato delle elezioni con dei compagni e delle compagne e cosi sono andata dapprima ai magazzini Bresso e poi alla sede del PD: tanto il primo luogo, sede più defilata rispetto al PD, mi è sembrato animato seppure la tristezza dei risultati incominciasse ad incombere, tanto la sede del PD, che io immaginavo piena di compagni, era spoglia, eravamo circa una quindicina, una sola candidata. Alla mia domanda su dove fossero tutti, mi sono sentita rispondere che tutti gli altri erano nei loro comitati elettorali.

Questo la dice lunga e impone una riflessione.

Il partito non solo non è più uno strumento di mediazione e organizzazione del consenso, il partito non è neanche più visto come un comitato elettorale; è solo più una sigla.

Cosa già  preoccupante e su cui avevamo incominciato a riflettere qualche anno fa.

Qualcuno nella riunione di sinistra in rete del giorno dopo ha detto che per certi candidati il PD è come un taxi e che perlomeno bisogna  far loro pagare la corsa. Tra un po’ non ci sarà nemmeno più bisogno del taxi.

E di qui parte il tema delle preferenze: è vero sono diminuite anche per quei candidati che di solito ne raccolgono tante: questo dato non può che essere letto insieme all’aumento dell’astensionismo e al gran numero di schede annullate. Un segno di disaffezione dei cittadini.

Non sempre il numero delle preferenze è proporzionale alle competenze e alle capacità politiche e amministrative: il candidato,lasciato solo dal partito, ha questo solo strumento e questo può portare ad un uso distorto della preferenza e ad aumentare il peso del singolo candidato rispetto a quello del partito. A fronte di una messe di preferenze chi farà le linee politiche, il candidato o il partito?

Ed ancora parlando di preferenze come non trovare assurdo il sistema del voto disgiunto: che fa dire al candidato vota me e per la coalizione o la presidenza fai quello che vuoi. L’elettore sarebbe un soggetto bipolare o al meglio un indeciso e il candidato uno spregiudicato senza patto politico.

Eppure L’ho sentito dire da molti candidati.

Ma la democrazia rappresentativa non esiste senza partecipazione dei cittadini: è vero alcuni sono disinteressati ma noi della politica istituzionale non li abbiamo  aiutati ad esserci.

Altri cittadini e cittadine ci sono ma le loro richieste di ascolto, i loro contributi e le loro domande sono sprezzate da chi pensa che sa meglio di loro quale sia il loro interesse.

Il fatto è che in questa tornata elettorale tutti i grandi partiti hanno perso, anche la celebrata Lega ha visto diminuiti i propri voti: ha perso la democrazia rappresentativa perché quei voti sono andati solo in minima parte alle formazioni minori; l’astensionismo è il primo partito.

E questo dovrebbe preoccupare i partiti se considerano che i movimenti, l’associazionismo, il volontariato sono piuttosto vitali, soprattutto nella nostra Regione.

Rapporto amministratori/partito. La pesante sconfitta della Giunta Bresso

E’ stato per me impressionante vedere come un’intera Giunta fosse bocciata dai suoi amministrati, salvo due donne assessore che hanno ottenuto un buon risultato elettorale.

Certo su questo esito hanno influito intemperanze caratteriali, scelte tattiche sbagliate ( ad esempio l’atteggiamento sulla città della salute e il conseguente conflitto con l’ Università o le frizioni con il Politecnico, per il pezzo che io posso conoscere), ma ci sono state altre scelte che si sono pagate duramente.

Credo che il partito non possa criticare gli amministratori cui ha dato mandato soltanto al momento del voto; se vi erano orientamenti da modificare il partito doveva intervenire e chiedere conto pubblicamente, diversamente si tratta di una delega in bianco.

Questo è  possibile non pensando ad un partito di funzionari ma ad un partito dei cittadini e delle cittadine, e che sappia tenere dentro di sé o fuori di sé aperto il confronto con tutte le forme di cittadinanza associata.

In questa campagna elettorale ho sentito cittadini chiedere dove si trovano i politici prima delle votazioni e amministratori lamentarsi della loro solitudine: il partito non dovrebbe essere cinghia di trasmissione di questi movimenti dei cittadini verso gli amministratori e viceversa?

Un amministratore, secondo me, è più coinvolto nel suo ruolo, legato al fare, al decidere linee di indirizzo e spesso, e lo dico a partire dalla mia piccola esperienza, si sposta sul piano del merito del settore di sua competenza. Chiunque abbia fatto l’assessore o l’amministratore pubblico sa quanto questo ruolo sia diverso da quello di chi sta negli organi consiliari o nel partito.

Ridiamo forza a questi momenti come luogo di ispirazione politica e di rimeditazione continua dell’elaborazione degli amministratori.

Qualcuno tanto tempo fa aveva parlato della necessità dell’autocritica: è uno strumento culturale della sinistra, non usiamolo per flagellarci ma per andare avanti.

A proposito di scelte strategiche: il PD è ancora convinto che la manifestazione Si Tav a fine gennaio sia stata una buona idea? Non entro nel merito di quella che sembra essere diventata una guerra di posizione ( si tav-notav come essere della Juve o del Toro).

La vicenda TAV potrebbe diventare un laboratorio da cui imparare molto sulla democrazia rappresentativa, sulla cittadinanza attiva, sulla formazione del consenso, sull’informazione ai cittadini, su come fare con il dissenso: ma non è di questo che voglio parlare.

Voglio dire che in una riflessione seria accanto alle mancanze degli altri vanno viste anche le proprie, diversamente l’analisi è monca ed inutile.

Questo vale anche per l’alleanza con l’UDC: non ha portato alcun valore aggiunto, anzi forse anche da lì viene un po’ di voto disgiunto.

Non è  servito a loro e neppure a noi, anzi ha alienato molte adesioni tra quelle e quelli che vedevano nella coalizione di centrosinistra un baluardo sulla laicità delle istituzioni.

Questo, al di là della fondatezza nel merito delle mie opinioni, mi serve per dire che la riflessione va condotta ad ampio spettro, facendo luce su tutto il raggio e non fermandoci col riflettore solo sulle responsabilità altrui.

Questa giunta secondo me ha anche pagato lo scotto di trovarsi in un momento storico particolare, avendo come maggiore azionista un socio che durante la corsa ha modificato la sua compagine, senza arrivare ad una ricapitalizzazione prima delle elezioni ( passatemi la metafora aziendalista, anche io sono berlusconizzata…).

Che fare, diceva qualcuno?

Partendo da noi, occorre ripensare ad un partito vero, che si occupi di temi concreti e non di candidature.

La riflessione che vedo in questi giorni nel PD mi delude e secondo me se non si riorienta non porterà da nessuna parte:

si parla “di padri che devono lasciare posto ai figli” come idea base del rinnovamento del partito: ma come si può parlare di rinnovamento usando espressioni così arcaiche? Già Edipo aveva lo stesso problema..Come donna allora questo cambiamento non mi riguarderebbe…A chi parla questo rinnovamento generazionale?

Parla di nuovo all’interno del partito, a chi si candiderà e non ai cittadini alle cittadine. La grande discussione intavolata è l’età del futuro sindaco di Torino ( sappiamo che non deve avere più di 40-45 anni); a quando il suo colore di capelli?

Pensate davvero che ai cittadini importi di quanti anni deve avere il Sindaco o non è di nuovo un argomento interno al partito, autoreferenziale? E le donne dove sono nel vostro orizzonte? E non ditemi che le donne sono comprese negli uomini perché sappiamo che non è così, e il primo banco di prova sulla pillola abortiva è lì per dirlo.

PROPOSTE

Il nostro segretario Morgando dice che in Piemonte ci sono 300 sezioni, 10 in città: usiamole.

Incominciamo a darci dei temi: scuola, lavoro, salute, giustizia, formazione, ambiente, ricerca: chiamiamo gli amministratori pubblici che per noi si sono occupati di questi temi e che desiderano continuare il loro impegno, i cittadini che ci hanno aiutati nella campagna elettorale ( e che sono una grande risorsa che ogni volta va dispersa), gli iscritti, invitiamo i cittadini interessati. Ascoltiamo le associazioni presenti sul territorio.,

Ogni gruppo discuta e i dirigenti del partito, della sezione, del circolo elaborino quanto emerso dalla discussione e lo usino per indicare finalmente delle linee politiche sui problemi concreti.

Faccio un esempio su un tema che conosco e che però può essere replicato per altre questioni: se qualcuno mi chiede perché è aumentato il numero di borse di studio date agli studenti stranieri e diminuite quelle date agli italiani io sarei in grado di spiegare perché questo è accaduto, se ciò ha senso e quello che abbiamo fatto. Diversamente i cittadini italiani, diversamente ricchi, su questo tema potrebbero non capire.

Altro tema che ci interesserà probabilmente tra poco è quello dell’acqua: che posizioni ha il PD sull’acqua pubblica; ai cittadini e alle cittadine non interessa se è meglio il referendum o una proposta di legge, interessa sapere cosa pensiamo sulla distribuzione, sulle tariffe, su pubblico/privato.

Smettiamola di parlare di candidature e di regolamenti di conti dentro al partito, smettiamola di intendere il rinnovamento con la sostituzione delle persone nel medesimo potere, diversamente cercherò altri luoghi dove esercitare la mia passione per la politica e anche questo gesto sarà politica.

La mia storia può essere quella di tante e di tanti.