Il seguente documento riassume la posizione del Gruppo PD della Circoscrizione VIII sul tema della Riforma del Decentramento, in linea con la posizione assunta dalla Direzione Provinciale del Partito Democratico, mediante odg approvato il 01/07/2014.

E’ sotto gli occhi di qualunque addetto ai lavori che il decentramento torinese non è più adeguato a rispondere alle necessità per cui è nato e che la sua ridefinizione risulta improrogabile anche come forma di “manutenzione della democrazia”.

Si ritiene, infatti, che il decentramento, così come è oggi concepito, non sarebbe più sostenibile, per un nuovo mandato quinquennale, a causa delle risorse finanziarie ridotte ormai all’osso e della scarsità di competenze, che rischierebbero di trasformare le attuali circoscrizioni in inutili fardelli che rappresenterebbero, unicamente, dei costi improduttivi.

La soppressione delle Province e la nascita delle Aree Metropolitane pongono il tema, politico prima che amministrativo, della riorganizzazione del Decentramento nella città capoluogo nella direzione delle Municipalità (percorso ormai intrapreso, ad esempio, a Milano), in un momento in cui la drastica contrazione delle risorse a disposizione dell’Ente, le mutate istanze di partecipazione da parte dei cittadini e di vicinanza delle istituzioni ai territori, la necessità di porre la governance dei servizi a livello più idoneo a renderli aderenti alle esigenze cui devono rispondere, obbligano ad una complessiva riorganizzazione della macchina comunale, che però, finora, non ha interessato le Circoscrizioni, se non in relazione ai pesanti tagli di risorse, umane e finanziarie.

Già all’interno delle “Linee programmatiche 2011 – 2016” per il Governo della Città di Torino”, approvate dal Consiglio Comunale il 13 luglio 2011, per quanto concerne il Decentramento, si parlava di “attuare una ridefinizione delle competenze, degli strumenti e delle risorse necessarie, e tenendo conto del quadro normativo nazionale, degli assetti istituzionali ed amministrativi delle attuali dieci Circoscrizioni”.

Tale riforma, però, non deve seguire una logica che si ritiene errata e che ha guidato ed ancora guida gran parte dell’azione politica odierna, secondo una visione che è unicamente quella della “spending review” e della “riduzione dei costi della politica” (come accaduto nel caso delle soppressione dei consigli provinciali eletti), andando ad incidere negativamente sulla rappresentatività, con logiche punitive nei confronti della politica “di base”. La partecipazione dei cittadini è tanto più incentivata quanto più essa si avvicina al momento decisionale o di programmazione reale.

Di conseguenza, come, peraltro, riportato nelle succitate “Linee Programmatiche”, in cui si sottolinea la necessità di intraprendere “un percorso davvero partecipato”, è essenziale che tale riforma venga realizzata coinvolgendo ed ascoltando, innanzitutto, chi il decentramento lo vive e lo anima quotidianamente: i presidenti ed i consiglieri circoscrizionali, soprattutto dal momento che essi stessi si sono fatti per primi promotori della necessità di autoriformare il sistema, con grande senso di responsabilità, in quanto consapevoli, di incorrere, inevitabilmente, in dei sacrifici. Si tratta di una disponibilità che non può che arricchire la discussione e contribuire al conseguimento di un risultato efficace e duraturo.

Per tanto, si auspica fortemente la conclusione del percorso di riforma, nella direzione auspicata dai presidenti.

Più dettagliatamente, si ritiene che la proposta uscita dalla Commissione Speciale Decentramento contenga molti spunti positivi, ma anche svariate criticità.

In particolare, si ritiene che

  • Il numero previsto degli organi decentrati è problematico. La cifra di 6 circoscrizioni, che comporterebbe una dimensione media di circa 150000 abitanti per ciascuna di esse, è assolutamente inappropriata per un ente decentrato, in termini di possibilità di partecipazione dei cittadini, di accessibilità ai servizi, di rappresentatività (rapporto fra elettori ed eletti) oltre ad essere disomogenea rispetto alla dimensione caratterizzante gli enti decentrati nelle altre principali città italiane (ad esclusione di Roma); Milano, ad esempio, sta andando in direzione opposta. Si ritiene, invece, di sostenere la proposta di riduzione ad 8 municipalità, con una logica di accorpamento e non di spacchettamento dei quartieri, preservando i confini storici e naturali.
  • Per quanto riguarda le competenze, si ritiene il lavoro della commissione soddisfacente, sebbene alcune di esse potrebbero essere problematiche da implementare a livello decentrato. Il punto essenziale, però, è fornire agli enti decentrati le risorse economiche ed umane (personale) per potere rendere operative tali competenze, altrimenti molte rischieranno di rimanere sulla carta come avviene attualmente.
  • Il nome dei nuovi organi decentrati dovrà essere “Municipalità” e non “Circoscrizioni”.
  • La figura dello speaker è problematica: non dà alcuna garanzia di terzietà e complica notevolmente i lavori del consiglio. Occorre la figura del Presidente del Consiglio eletto, separata da quella del Presidente della Giunta, che convochi e presieda il consiglio stesso, esattamente come accade in pressoché qualsiasi altra assemblea elettiva.
  • Non essendo previsto un compenso fisso, è poco sensata la riduzione del numero di coordinatori (che dovrebbero venire denominati “assessori”) da 6 a 4. Con l’incremento del territorio da amministrare, delle competenze e delle deleghe, rischierebbero di trovarsi in gravi difficoltà nello svolgere la loro funzione.
  • I pareri degli enti decentrati, almeno su alcune materie, dovrebbero essere vincolanti.

 

Il Gruppo del Partito Democratico della Circoscrizione VIII